La lettura del territorio attraverso le moderne tecnologie

A cura del Dott. Maurizio Fea

Vorrei descrivere qual'è il potenziale della tecnologia del rilevamento, applicata all’osservazione del territorio dallo spazio.

In realtà questa tecnica non è altro che una metodologia di tipo orizzontale, vale a dire multidisciplinare, perchè essa può essere utile a molte applicazioni, inclusi naturalmente lo studio del territorio, la gestione del rischio e dei disastri, e le utilizzazioni legate alle discipline geofisiche più importanti.

Le orbite più usate dai satelliti per l'osservaione della terra (telerilevamento)
Envisat, un satellite dell'ESA
Complementarietà tra diverse bande spettrali
Mappa della temperature del mar Mediterraneo
Sistemi di onde marine nella Baia de Todos Santos, Messico
Sversamento dall'incidente della petroliera Prestige al largo delle coste spagnole
Sversamento dall'incidente della petroliera Prestige
Protezione dell'ambiente costiero: Italia, coste della Sicilia

Cos’è dunque questo telerilevamento, questo osservare dallo spazio? Prima di tutto, telerilevamento vuol dire osservare e misurare senza toccare, da lontano ma anche da molto vicino, perchè in realtà i nostri sensi e il nostro corpo sono dei sensori di prim’ordine. Questa metodologia, che in inglese si chiama “remote sensing”, significa proprio "sentire o percepire in modo remoto, senza un vero e proprio contatto", e si considera perciò "telerilevamento" l’osservazione o la misura a distanza, dal momento stesso in cui ci si allontana dall’oggetto osservato fino a distanze grandissime.

Tutto cominciò due secoli fa quando un fotografo s’imbarcò su di un pallone aerostatico e fotografò Parigi dall’alto: il 1858 è dunque la data ufficiale del primo telerilevamento dallo spazio.

Oggi il significato di telerilevamento è più completo: vuol dire osservare come facciamo noi dal suolo, osservare dall’aereo, osservare dallo spazio, ma è sempre la stessa metodologia; cambiano le tecniche, gli strumenti, alcuni parametri, ma il metodo è sempre lo stesso.

Inondazione della zonda di Alessandria, immagine multitemporale del SAR di ERS-1
Sorveglianza degli incendi forestali e dell'attività eruttiva dell'Etna, ERS-2
Sorveglianza dei fuochi boschivi e delle loro emissioni di gasin Borneo
Monitoraggio delle emissioni inquinanti nella valle del Po

Ricordate cos’è lo spettro elettromagnetico, ovvero l’insieme infinito di lunghezze d’onda tramite le quali l’energia può propagarsi nello spazio, appunto sotto forma di onde elettromagnetiche? Basti pensare a quando andiamo dal medico per "fare i raggi X": questi ultimi sono energie associate a lunghezze d’onda molto corte, cortissime. La radio e la televisione sono all’estremo opposto, perchè usano radiazioni a lunghezza d’onda molto lunga. In mezzo ci sono le lunghezze d’onda della banda spettrale del Visibile, perchè sono le uniche cui è sensibile il nostro occhio, che quindi le usa per "vedere", cioè per acquisire informazioni. Se vedo un oggetto di colore rosso, vuol dire che esso riflette verso di me solo la componente rossa della luce, mentre assorbe o lascia passare tutte le altre lunghezze d’onda.
Quando si parla di lunghezze d’onda del Visibile si parla dell’arcobaleno, cioè di tutti i colori che sono visibili dal nostro occhio: violetto, blu, verde, giallo, arancione e rosso.

Lunghezze d’onda diverse non sono più visibili dal nostro occhio. Quelle appena più corte costituiscono l’Ultravioletto, quelle più lunghe l’Infrarosso: Vicino, Medio, Lontano, a seconda che la lunghezza d’onda sia appena o molto più grande di quella del Visibile.

Le misure si eseguono confrontando quanta energia i corpi riflettono verso il satellite rispetto a quella che ricevono. Per fare un esempio, osservando dall’alto una struttura archeologica che è sepolta sotto un prato, si riesce a distinguerne il muro perimetrale o le strutture sotterranee grazie al colore dell’erba, che spesso è diverso là dove c’è meno spessore di terra.

Monitoraggio dei ghiacci polari.
Modello digitale del terreno del monte Etna
Roma ed i Castelli Romani
Il complesso vulcanico dei Castelli Romani visto dallo spazio

Nell’Infrarosso esiste una banda particolare che si chiama Infrarosso Termico, perchè è quella alla quale la nostra pelle "sente" il caldo o il freddo: possiamo quindi usarla per misurare il calore emesso dalla Terra, determinare la temperatura superficiale di quest’ultima e costruire dallo spazio mappe termiche degli oggetti osservati attraverso la quantità di radiazione emessa verso il satellite: si può così riconoscere subito l’isola di calore di una città rispetto alla campagna circostante.

Spostandoci verso altre lunghezze d’onda più lunghe, vicine alle onde radio, arriviamo alla banda spettrale delle microonde. Queste ultime hanno l’enorme vantaggio di avere lunghezze d’onda quasi sempre superiori alle dimensioni degli “oggetti” che possono incontrare nell’atmosfera, quali gocce di nubi o cristalli di ghiaccio, e quindi riescono a passare attraverso le nubi, la pioggia e la neve. Se poi gli impulsi elettromagnetici sono generati da un radar a bordo del satellite, che funziona sia di giorno che di notte, potremo ottenere sempre dati, che sia nuvoloso, che sia di notte, che stia piovendo, non ha alcuna importanza: i segnali delle microonde attraversano l’atmosfera, i sistemi nuvolosi, pioggia, neve e ghiaccio, e ci danno immagini come se fosse di giorno e senza alcuna nube, salvo una certa attenuazione del segnale nel caso di fenomeni particolarmente intensi.

Il risultato più completo si ottiene allora utilizzando insieme dati generati dalle varie bande spettrali utili, spesso prodotti da sistemi spaziali diversi, e integrando i dati del telerilevamento con le misure eseguite sul terreno. Ciò si può fare ottimamente utilizzando sistemi informativi geografici (GIS), che sono potenti strumenti informatici che permettono di accettare dati di svariate sorgenti ed elaborarli con algoritmi specializzati per generare infine un prodotto "personalizzato" per ogni tipo di utenza.

Innalzamento della costa nella zona di Pozzuoli misurato dai dati del satellite
Immagine della Terra ripresa da una distanza di 35800 Km
Immagine meteorologica dell'Europa
Europa: mosaico in falsi colori generato dai dati del radiometro ATSR

Inoltre, l’uso integrato dell’informazione generata da più sistemi di satelliti permette di osservare con una buona continuità l’ambiente e il territorio.
La precisione e il dettaglio ottenibili dipendono poi dal tipo di satelliti e di strumenti di telerilevamento che siano usati, ragion per cui prima bisogna definire tutte le caratteristiche e il volume dei dati di cui si necessita (precisione, frequenza, periodo, formato, ecc.) e poi ci si può rivolgere alle entità che li possono fornire.

Questa premessa ha voluto fornire una panoramica sintetica della fisica sulla quale si basa la metodologia del telerilevamento.
Passiamo ora alla realtà dell’agire pratico. Quando lo strumento a bordo di un satellite osserva il terreno, la porzione più piccola dell’osservazione si chiama "elemento dell’immagine", in inglese pixel: esso costituisce l’unità minima, al di sotto della quale non si può andare perchè tutte le informazioni in essa contenute si fondono al suo interno con il loro valore medio. Lo schema operativo è praticamente questo: uno strumento a bordo del satellite osserva il territorio, trasformando il segnale che riceve in segnale elettrico che si invia al suolo, dove viene ricevuto ed elaborato per ricostruire quello che il satellite ha "visto" e calcolare il valore della grandezza fisica di interesse, dopo aver opportunamente corretto i dati per l’influenza dei gas atmosferici.

L'Italia. La prima immagine generata dai dati del radiometro Meris
Landsat 4 TM, immagine dell'Italia centrale
Il Lazio osservato da 785 Km di altitudine dal radiometro Meris del satellite Envisat
Roma vista dallo spazio integrando i dati dei satelliti Spot e KVR

Il telerilevamento è dunque una metodologia complessa, che però ha tanti vantaggi: per esempio, l’osservazione si esegue in maniera sistematica e oggettiva, cosicchè ci permette di confrontare dati di oggi con quelli di 20 anni fa, e quindi identificare eventuali cambiamenti. Esistono ovviamente dei limiti: il primo è che l’uso dell’energia elettromagnetica e la successiva elaborazione dei dati telerilevati tramite algoritmi, spesso molto complicati, fanno sì che l'interpretazione finale non sia sempre facile. Inoltre, c'è anche un problema di frequenza temporale: alcuni satelliti sono in orbita in una posizione apparentemente fissa sulla nostra testa, sono chiamati quindi geostazionari perchè volano con la stessa velocità angolare della Terra, altissimi a circa 36.000 km di quota, e dunque permettono osservazioni continue, 24 ore su 24; i satelliti in orbita polare, invece, non passano frequentemente sullo stesso luogo, alcuni passano ogni qualche giorno, o addirittura con frequenza di qualche settimana, ragione per cui, anche se volano a quote più basse e quindi con maggiore capacità di precisione, in realtà non li possiamo usare se abbiamo bisogno di osservare un fenomeno che evolve rapidamente nel tempo. Il massimo vantaggio si ottiene quando è possibile integrare dati sia da diversi sistemi di satelliti che da osservazioni a terra, aggiungendovi la nostra conoscenza.

I dati dei satelliti per l’osservazione della Terra sono utili non solo nel presente per osservare un evento incombente, ma anche prima dell’evento stesso per studiare l’evoluzione nel passato dalla serie storica dei dati e ricavarne informazioni caratteristiche, quali l’evolversi dello sviluppo urbano o l’individuazione di zone più vulnerabili per la preparazione di piani di prevenzione e d’intervento, e certamente dopo l’evento per determinare con più precisione le conseguenze dell’evento stesso, aggiornare le statistiche e migliorare le procedure d’intervento e la pianificazione. E' importante tenere presente che il contributo dei satelliti è solo uno degli apporti informativi che ci permettono di ricostruire la storia precedente e di valutare la situazione atuale, per arrivare poi ad una buona analisi, cioè alla conoscenza dello "status" del momento, senza però dimenticare l’importanza dell’interpretazione e soprattutto dell’intervento umano e della sua esperienza.

Roma. Il cuore della città antica (Foro Romano, Palatino e Colosseo) visto dallo spazio
Roma, il Colosseo. Immagine ad altissima risoluzione: 1 metro

Spesso si dice “il satellite ha previsto pioggia per domani”, ma non è così: il satellite osserva, è come i nostri occhi, con i quali contribuiamo all’analisi ma non possiamo prevedere. Quello che ci serve per passare dall’analisi alla previsione è appunto un modello di propagazione del fenomeno. E’ molto importante tenere presente che quello che osserviamo dallo spazio è un contributo fra i tanti che servono per capire e che ci fornisce un’informazione aggiuntiva, sempre utile e spesso essenziale, ma non necessariamente l’unica. Inoltre, fra le caratteristiche generali dei dati dei satelliti per l’osservazione della Terra metterei prima di tutto la continuità a lungo termine per costruire lunghe serie temporali di dati, poi il formato standard internazionale in modo tale che ciascuno posso utilizzare qualunque satellite e non necessariamente solo il suo. Infine, attraverso la politica delle Nazioni Unite “dei cieli aperti”, ognuno ha diritto ad accedere all’informazione, anche se questo ha un costo, pur se ridotto nel caso di studio e di ricerca.

Il contributo italiano a queste attività è di grande valore e si manifesta principalmente attraverso i programmi dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), principalmente con il progetto Cosmo-Skymed, e dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), con le missioni dei satelliti polari ERS ed Envisat, e con la costruzione e il lancio dei satelliti geostazionari Meteosat.