Percorso guidato: alla ricerca dell'"Arcus Neroniano"

A cura del Prof. Arch. Renata Bizzotto
Con la collaborazione dell'Arch. Maria Letizia Mancuso

Gli Acquedotti, dopo essere stati danneggiati nel VI secolo, rimasero solo delle strutture ingombranti ed inutili, utilizzate principalmente come fonte di materiale da costruzione, da cui ricavare mattoni e pietre. Anche i terremoti e le guerre contribuirono a danneggiare tali opere; ciò spiega la scarsità di quanto ne rimane all'interno degli antichi confini della città. Alcune parti interessanti, però, se ne possono vedere nei quartieri meridionali ed orientali, zone ora densamente popolate che non più di un secolo fa erano campagna.

Acquedotto Claudio, in una foto risalente al periodo 1913-1920

I punti dove i viadotti incrociavano strade importanti, come la via Prenestina e la via Tiburtina, venivano spesso innalzati degli archi con decorazioni speciali che celebravano l'imperatore responsabile della loro costruzione. Quando fu progettata la cinta muraria di Aureliano, i due archi anzidetti vennero incorporati nella nuova struttura difensiva.

Ma nonostante la loro trasformazione in porte cittadine, continuarono a funzionare come dotti, dando passaggio all'acqua nella loro parte superiore: l'Aqua Marcia, l'Aqua Tepula e l'Aqua Iulia passavano sopra Porta Tiburtina, mentre l'Aqua Claudia e l'Anio Novus passavano su Porta Praenestina. L'Aqua Marcia, Tepula e Iulia seguivano il muro di Aureliano dirette verso Porta Tiburtina. Prima di questa, l'Aqua Marcia staccava un importante ramo, il Rivus Herculaneus, che con molta probabilità riforniva anche il vicino ninfeo dei Licinii, più comunemente noto come Tempio di Minerva Medica.

Porta Tiburtina
Porta Praenestina
Tempio di Minerva Medica

Invece l'Aqua Claudia e l'ancor più ricco Anio Novus condividevano lo stesso sbocco, situato assai vicino a Porta Praenestina, sebbene le ultime tracce del loro castellum scomparvero verso il finire del XIX secolo.

Eccoci dunque al tratto di acquedotto che ci interessa; infatti prima di raggiungere lo sbocco, anche l'Aqua Claudia staccava un grosso ramo che in origine l'imperatore Nerone aveva fatto costruire per la sua Domus Aurea, donde il primitivo nome di Arcus Neroniani, cioè "archi dei Neroni" (Nero era un cognome della gens Claudia). L'attuale zona di Porta Maggiore è un punto di particolare importanza, infatti la rete degli acquedotti, si snoda per una lunghezza di circa 35 km, fino ad arrivare a congiungersi in tale luogo, punto di confluenza dell'acqua e di smistamento nella città, che avveniva tramite gli Arcus Neroniani, acquedotti più piccoli, che percorrendo le aree edificate, raggiungevano il Palatino e la Domus Aurea.

Ecco dunque resti visibili dell'acquedotto. Questo è parte di ciò che rimane dell'antico Acquedotto di Nerone (o più propriamente Arcus Neroniani), che raccoglieva acqua dagli archi di Claudio per portarla al palazzo imperiale sul Palatino.

Resti visibili dell'acquedotto di Nerone nella zona di Porta Maggiore
Resti visibili dell'acquedotto di Nerone nella zona di Porta Maggiore

Si può seguire l'aquedotto per circa 200 metri fino all'incrocio con via di S.Croce in Gerusalemme dove entra nei terreni di Villa Wolkonsky, residenza dell'Ambasciatore britannico, diventando quindi inavvicinabile.

Resti visibili dell'acquedotto di Nerone nella zona di Santa Croce in Gerusalemme
Resti visibili dell'acquedotto di Nerone nella zona di Santa Croce in Gerusalemme

Dopo l’attraversamento di via Emanuele Filiberto, gli archi riprendono, più alti, lungo la breve via Domenico Fontana. Ricompaiono poi sopra gli edifici nella Piazza San Giovanni in Laterano, di fronte al Battistero.

Resti visibili dell'acquedotto di Nerone nella zona di San Giovanni in Laterano
Le regiones

L'acquedotto scorreva poi lungo l'odierna via di S. Stefano Rotondo; alcuni archi sono ancora visibili prima sulla destra e poi sulla sinistra della strada. Quando la Domus Aurea fu smantellata, il ramo venne modificato così da fargli raggiungere i colli Celio ed Aventino, e fu rinominato Arcus Caelimontani, "archi del Caelimontium", cioè della II Regio che comprendeva appunto il Celio e i rilievi minori. La prima parte dell'Arcus Coelemontani è ancora in piedi, all'incirca fino ai terreni del Laterano.

L'Arcus Coelemontani
L'Arcus Coelemontani

Proposte didattiche

Approfondimenti

L'autore

Prof. Arch. Renata Bizzotto

Docente di “Rilievo dell’Architettura” presso la facoltà di Ingegneria, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Consigliere Nazionale del CNAPPC dal 1997 e presidente del Dipartimento ”Formazione e Ricerca scientifica”. Presidente dell’Ordine degli Architetti di Roma dal 1994 al 1997. Presidente del Consiglio d’Amministrazione dell’Acquario Romano s.r.l.

Saggi:

Disegno e Progettazione - in collaborazione - Dedalo libri ed. Bari 1967

Lo studio professionale di progettazione - in collaborazione - NIS ed. Roma 1984

Vani e infissi - Edizioni Kappa. Roma 2000

Le Porte di Roma: San Sebastiano, San Paolo, Tiburtina - Edizioni Kappa. Roma 2001

L’Ospedale di S.Spirito - Edizioni Kappa. Roma 2001
Hanno collaborato:

Filippo Lauri, Filippo Giordano, Elisa Manconi, Francesco Moles, Giovanni Nusca, Marco D'Onofrio, Luca Piccioni, Alessandro Anzini.